I rifiuti dell’anima

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Dove c’è vita c’è nutrimento. Si consumano risorse, si producono rifiuti, da smaltire. La vita è fatta delle relazioni che abbiamo con noi stessi e con gli altri in famiglia, al lavoro, fra amici, nelle reti sociali. Ovunque stiamo in relazione come vasi comunicanti, più o meno aperti a trasmettere quanto si va sedimentando nel fondo. Se lo comprimi, lo spingi più in fondo, ma quanto viene compresso fa pressione e prima o poi scoppia.

Pressioni interne/esterne, inquietudini, noia e frustrazioni, la quotidianità nelle sue diverse forme produce disfunzioni. In genere, sono occulte negli uomini (non manifeste), immanenti nelle donne (esigenze, reclami, crisi depressive più o meno gravi) ed evidenti nei figli (atti violenti, crisi di rabbia, complessi, paure).

L’uomo è un essere in relazione che dai suoi stessi limiti impara a stare nella realtà. Le relazioni marcano i limiti dei nostri spazi, imponendo un certo “contenimento”. Quando facciamo resistenza, attiviamo meccanismi di fuga, forme di compensazione, i vari mezzi disfunzionali per fare spazio nel vuoto, per narcotizzarlo (alcool, droghe, pornografia). Lo stesso lavoro, il divertimento, le appartenenze religiose possono diventare narcotici se li uso come fuga dalla realtà.

Vasi comunicanti

Se i rifiuti li scarichiamo l’uno sull’altro (sfoghi emotivi, discussioni sterili, aspettative e lamentele), alla fine saranno i più deboli a farsene carico, non avendo ancora imparato a “compensare”. Il modo umano per lo smaltimento dei rifiuti sta nell’imparare prima possibile a fare la raccolta differenziata dei rifiuti “solidi” e “organici”, con particolare attenzione a quelli “speciali” e ai rifiuti “tossici”.

Rifiuti solidi: i problemi

I sentimenti radicali, secondo la natura del cuore umano, sono il desiderio e la rabbia. Il desiderio ci orienta al bene, la rabbia ci rende avversi al male. Il problema sorge quando desideriamo quello che è un male in sé e quando sentiamo avversione per quello che è invece un vero bene.

Trattare i problemi in modo emotivo attiva le nostre passioni dominanti, le cattive disposizioni del cuore, e ostacola la ricerca di soluzioni ragionevoli. Contestualizzare e relativizzare aiuta: si tratta di non assolutizzare i problemi rendendoli le valvole di sfogo di disfunzioni latenti. L’eccesso opposto, poi, è minimizzare, per cui alla fine di fronte ai problemi non ci si interroga mai.

Rifiuti organici: i conflitti

Ferite, sentimenti disordinati, rancori e pregiudizi, false accuse e sensi di colpa, mancanza di fiducia, relazione o intimità. Le crisi derivano dai conflitti irrisolti che scaturiscono dalle tensioni latenti. I rifiuti organici diventano tossici quando conflitti e tensioni sono repressi, negati. Incorriamo in un equilibrio sbilanciato, fatto di maschere, inganni, tradimenti. Si forma angoscia dalla paura e dall’ansia del vicolo cieco, correre senza potere andare né avanti né indietro, senza vie di fuga.

Affrontare i conflitti, rendendo esplicite le tensioni latenti attraverso il dialogo, è il modo migliore per fare la verità nella propria vita, con se stessi e con gli altri.

Rifiuti speciali: i peccati

Spine nella carne, i sassi che pesano nell’anima e che solo Dio può spaccare riciclando i materiali di scarto. Per questo esiste la contrizione del cuore nella tradizione cristiana e i sacramenti come strumenti efficaci per se stessi nella tradizione cattolica. L’eucaristia depura il materiale organico convertito in energia e trasforma il materiale inorganico in bene comune (nel perdono la provvidenza divina assume il male mettendo in moto la realtà, trasformandolo in un bene maggiore).

I rifiuti vanno separati secondo l’origine (realtà vs. inorganico / interiorità vs. organico). L’abbandono in spazi vergini (sui figli, sui più deboli), urbani (coppie, matrimoni) o non urbani (amici e colleghi), scaricando i rifiuti gli uni sugli altri, avviene in modo più o meno evidente attraverso dei meccanismi di difesa: le compensazioni (v. jpeg).