Processi interiori [II]

Comincia dall’articolo precedente: Processi interiori [I].


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La guarigione del cuore è un processo doloroso. Bisogna scavare dentro di sé, riaprire il sepolcro nascosto della nostra perdita più cara e depositarla in fondo al cuore come il buon seme da cui germoglia, al centro del nostro giardino interiore, l’albero della vita.

I processi interiori più fecondi sono quelli di liberazione e guarigione, che ci ridanno la vita che fino ad allora rimaneva irretita fra rovi e spine, le ferite dell’anima: una persona cara perduta, una inconsistenza esistenziale rifiutata, un trauma, un abuso, un conflitto irrisolto. Bisogna procedere con delicatezza. La nostra guida sarà per noi come il Padre.

Atto I > “Sveglia! Vieni, andiamo.”

Ti trovi nella tua comodità, nel tuo piccolo mondo personale, un letto caldo in cui dormi con gusto. Credi di riposare, ma non ci riesci fino in fondo. C’è qualcosa che non hai risolto e finché sta lì non riposi davvero.

Ci sono cose che dobbiamo fare nella vita che rimangono irrisolte perché viviamo come orfani. Ci manca un padre che venga a svegliarci, a metterci in piedi, guidandoci nel cammino della crescita per metterci in mano la nostra autonomia e insegnarci a usarla.

Il Padre entra in scena a un certo momento, quando siamo pronti perché abbiamo già scavato nel giardino del nostro cuore un buco ripulito dalle radici infette della rabbia. Se ti ascolti ti svegli, apri gli occhi, e se ti fidi ti alzi e lo segui. Ti metti in cammino dietro di lui che ti guida di nuovo nel bosco della tua vita irrisolta, della tua confusione.

Atto II > “Lascia fuori la paura”

La tua guida cammina avanti, sa dove va e cosa fare. Tu non domandi spiegazioni ma solo quanto manca per arrivare. La fiducia sta crescendo, ma cominci a sentire un peso sullo stomaco sempre più sensibile, un’inquietudine interiore che ti stai avvicinando a un ostacolo difficile da affrontare. Si tratta di ripercorrere i sentieri del bosco, la propria esperienza esistenziale, la propria storia.

La tua guida a un tratto si ferma: tu devi fermarti, devi capire quanto sta per accadere. C’è un blocco da rimuovere, una pietra nel cuore che va rimossa perché il dolore ti divora, debilitando la tua capacità di amare. Tu cominci a comprendere, senti che non puoi farcela. Ma non è così perché non puoi: è così perché non lo fai. E non lo fai per paura.

Ti fai forza, segui la tua guida e ti avvicini alle rocce. Lui sa cosa fare. Ti metti a lavorare tu stesso, faciliti il lavoro, rimuovi l’ultima pietra. Nella tua sorpresa si apre una fessura, scopri una grotta, ed entri con lui lasciando fuori la paura. Senti di sapere già cosa sta per accadere, e vai avanti, la forza paterna della tua guida ti dà fiducia e il desiderio di fare la verità, il desiderio della guarigione interiore ti muove ad entrare.

Atto III > “Entra nel tuo dolore”

La grotta nascosta nella nostra storia conserva le nostre ferite più profonde. Sepolcro delle nostre perdite più care, il cuore si appesantisce di un dolore che con il tempo non ha più nome né volto. Rimane intrappolato e dimenticato, mentre la rabbia prende il sopravvento e l’amarezza si diffonde. Rimaniamo bloccati: l’amarezza copre la rabbia, la rabbia maschera la paura, la paura nasconde il dolore e questo blocca l’amore.

La liberazione è già in atto aprendo il sepolcro, prendendo in braccio il nostro dolore. Finché lo tieni bloccato dentro di te la sofferenza ti soffoca. Quando lo abbracci e lo porti fuori dal sepolcro, allora sei pronto per la guarigione.

Atto IV > “Lascia andare, conserva la memoria”

Ci sono persone care intorno a noi che stanno lì per accompagnarci nell’ultimo saluto. Il momento della separazione può essere vissuto all’interno di un rito tutto personale. L’infanzia rubata da un abuso, un affetto strappato con violenza, una perdita cara in modo improvviso. Non abbiamo avuto tempo di affrontarli, gestirli, assimilarli. Non abbiamo avuto il tempo di separarci da quella parte di noi perduta per sempre e in quel modo insopportabile che ha reso tragica quella drammatica perdita.

Ecco allora che puoi tornare a riprenderla, ricongiungerti con la memoria di quella perdita e rincontrarti con l’integrità di te stesso, senza più coperture, maschere e pietre ad occultare i sepolcri delle nostre ferite. Puoi conservare il tuo affetto in una cassa di materiale pregiato, lavorata ad arte per custodirla per sempre.

Atto V > “L’albero della vita”

Avevi scavato nel giardino del tuo cuore un buco, ripulito da ogni radice infetta di rabbia e sofferenza perché fosse pronto ad accogliere la memoria di questo momento. Sia una catena di ferro o un filo d’oro, l’uccellino non può volare. Così tu lasci andare tutta la tua amarezza, la tua rabbia, la tua sofferenza, depositando in fondo al cuore la memoria del tuo dolore.

Qualcuno che aveva raccolto tutte le lacrime versate nel silenzio dell’anima, adesso le raccoglie fra le sue mani e le purifica nell’amore perché servano come acqua viva per germogli di di pace, gioia, umiltà, servizio e amore. I frutti dello Spirito germogliano dal centro del giardino che fiorisce nel cuore di un’anima libera. Lì crescerà rigoglioso l’albero della vita: la capacità di amare che torna a risplendere al centro del giardino, che visto dall’alto manifesta tutta la sua varietà, tutto il suo splendore.


Varietà di lotte superate, splendore di processi interiori, di liberazione e guarigione, che sono la vita dell’anima. Non avere paura di farti guidare nel bosco della tua vita interiore, di fare spazio nel cuore e abbracciare le tue ferite più profonde. C’è una linfa vitale che sorgerà dalla perdita delle parti di te che ti sono state rubate e che sono andate smarrite. L’albero della vita deve crescere al centro della nostra anima perché il giardino interiore che conserviamo dentro trovi il suo pieno compimento.