Ogni relazione umana è soggetta alla prova della continuità.
Vivi una realtà che ti piace, ci hai lavorato tanto e ha portato frutto, ci stai bene e la tieni così. Poi tutto comincia a cambiare, non te ne accorgi o fai resistenza, cerchi di evitare la crisi ma le cose ti sfuggono di mano. Non riesci a preservarne la continuità e sembrano procedere inesorabilmente verso la rottura.
Non siamo fatti per rimanere uguali. Il cambiamento è congenito nella natura delle cose. Siamo fatti per stare in cammino.
Vivi una realtà che non comprendi, ci hai provato tanto ma non riesci a farla funzionare. Le cose non cambiano, quello che non funziona rimane com’è. Questa volta la continuità la vivi come un dramma. Fosse per te cambieresti gli schemi, faresti saltare tutto per poi ricomporne i pezzi, ma non puoi. Va avanti inesorabile e ti sfianca.
Quello che puoi cambiare segna lo spazio della tua libertà. Tutto il resto, quello che non puoi cambiare è provvidenza: ti chiede discernimento, adattamento, apprendimento.
La prova della continuità è frequente per noi che stiamo lì a costruire le nostre torri per toccare il cielo, vite fai-da-te, soggette a una serie di esigenze e aspettative, personali o indotte, che danno senso al nostro modo proprio di stare nel mondo. Cerchiamo di dare continuità alle cose in cui stiamo bene (benestare) e comodi (comfort zone). Soffriamo se sono messe in crisi, in discussione, se le vediamo cambiare. Fatichiamo a riprendere il cammino, a ricominciare, da un livello superiore di esperienza ma sempre daccapo.
Il nuovo che incalza
Una crisi non arriva per caso, è sempre ben preparata. La vedi arrivare nei conflitti irrisolti, a loro volta prodotti da tensioni latenti a lungo trascurate.
Se procediamo con discernimento, se andiamo a tempo senza stonare nelle relazioni con noi stessi e con gli altri, la nostra esecuzione sarà certa e spontanea allo stesso tempo, manterrà la propria armonia e risulterà arricchita da una sana improvvisazione. La continuità può essere interrotta senza essere spezzata. Possiamo correggere il passo, cambiare ritmo, ma se la sinfonia va da una parte e noi dall’altra, alla fine ce la stiamo suonando da soli, non è più creatività ma rumore, disordine, mediocrità.
La creatività è fantasia e concretezza, capacità di cogliere il ritmo che cambia e sapere adattarsi di conseguenza in modo elegante e spontaneo. La fantasia alimenta la facoltà dell’immaginazione attraverso la memoria e anticipa scenari e tendenze preparando il cambio di tono in modo artistico. La concretezza presidia la parte tecnica, attiva il senso comune secondo ragione e in garanzia dell’unità intrinseca della sinfonia: integra pause, silenzi e note solitarie nell’insieme dell’opera in costruzione.
La corda che si spezza
L’imprevisto può arrivare improvviso, inaspettato, più drammatico di una nota stonata o di una caduta di stile. Una corda si può spezzare per tanti motivi: per l’esposizione dello strumento ad agenti esterni debilitanti, la tensione in eccesso data dal nervosismo o dalla passione, un gesto inconsulto dovuto a esibizionismi o superficialità.
Può trattarsi di un’opera o di una relazione, esecuzione artistica o esperienza umana, c’è sempre uno spartito che indica le note, il ritmo. A noi è data da fare una scelta di stile, uno spazio di interpretazione in cui esprimere la nostra più intima personalità.
Quale sia la causa, la corda che si spezza determina due scenari: l’abbandono dell’opera o il salvataggio in extremis. Lo spettacolo deve continuare: lasciar stare, rinunciare non è sempre un’opzione nella vita né tanto meno nei cammini spirituali. Ricominciare implica umiltà, accogliere con pazienza la realtà, fare tesoro dell’esperienza e costruirci sopra. Non abbandonare l’opera da eseguire ma abbandonarsi alle circostanze impreviste. Integrare una rottura nell’esperienza implica una certa sapienza, maestria, qualcosa di più del talento che è un dono dello Spirito.
Il vino nuovo
Il frutto del peccato era dolce alla vista ma si è poi rivelato amaro al morso. L’esperienza della grazia è amara alla vista ma si rivela poi dolce al gusto. C’è una sinfonia da eseguire nella nostra esperienza umana ed è la vita, l’umanità propria di uno che ha consegnato a tutti il modello di tutte le esecuzioni possibili, l’esecuzione perfetta secondo lo spartito del suo Vangelo. Vita sacramentale, spirituale, ascetica e mistica, esperienza di Dio.
La sinfonia personale di quest’uomo era segnata da una continuità, una semplicità di vita fatta di relazioni amorevoli, lavoro umile, preghiera e solitudine alla presenza di Dio. Poi una rottura nella continuità, un ministero pubblico che ci rivelava qualcosa di nuovo: liberazione e guarigione di tutte le genti dall’esecuzione imperfetta di uno stile di vita, un modo di essere umani ritorto su se stessi, al servizio del proprio gusto, alla ricerca di una felicità vana e costantemente delusa dal confronto con la realtà.
C’era una perfezione in quella esecuzione che procedeva però inesorabilmente verso una nuova rottura, uno stato di crisi peggiore della corda che si spezza, il crollo di quella esecuzione, la rovina. Lui non indugiava, dava continuità alla crisi accogliendola con pazienza, integrandola nell’esecuzione fino a rendere quel crollo dell’opera la più alta espressione della sua esecuzione.
Trent’anni di continuità nella semplicità di vita, interrotti da tre anni di continuità nella consegna del vino nuovo, a loro volta interrotti da tre giorni di continuità nell’estrema donazione di sé. Della continuità non importa la durata ma la pienezza.
C’è una continuità nell’educazione dei figli che si esprime come esecuzione perfetta nel suo compimento: l’autonomia nella maturità. C’è un ritmo nelle cose, un modo di andare a tempo nelle relazioni e nelle circostanze umane. Anche nel servizio del prossimo, nel dono di sé c’è un tempo per vivere e morire, per farsi presente e lasciare andare.
Il direttore d’orchestra lo segui con la coda dell’occhio mentre ti concentri sulla sinfonia. Così lo Spirito ci guida all’unisono quando facciamo nostra la Parola di Dio. Non va temuto il cambio di ritmo, bisogna sapere superare lo sconforto davanti alla corda che si spezza. Imparare ad abbandonarsi alle novità dello Spirito che si fa presente quando ci sembra di essere perfetti nell’esecuzione dell’opera. Lui ne corregge il tono e mette in tensione le corde per il pieno compimento: la perfetta somiglianza e personalissima esecuzione della melodia originale.