La nostra esperienza umana, la quotidianità spesso ci sconvolge come un mare in tempesta. Ci sentiamo sballottati dalle onde di avvenimenti, sentimenti e pensieri che ci affliggono nella realtà e interiormente. Se è vero che spesso non possiamo cambiare la realtà delle cose esterne, è vero che possiamo dominare quelle interne.
Le scienze umane chiamano fusione l’esperienza di chi è “incollato” alle esperienze interiori, pensieri o emozioni, e guarda il mondo attraverso le loro lenti. Questa fusione con i propri pensieri ci dà l’illusione del controllo mentre ci fa credere di essere minacciati da qualcosa di preoccupante, da cui difendersi. In realtà stiamo cercando soluzioni a problemi che forse non si verificheranno mai o stiamo rispondendo a dubbi dettati da credenze distorte su noi stessi o sugli altri. Così tendiamo ad agire in modo disordinato, a prendere decisioni dettate dall’urgenza o dalla paura e a sbagliare strada. Di fronte a questi meccanismi, Francesco ci spinge a “disideologizzare” mente e cultura, perché l’ideologia è sempre un monologo con una sola idea, uno spirito cattivo con cui non bisogna dialogare. Colonna del dialogo è il discernimento, per cui una buona guida spirituale, mentre si interessa e si commuove per le tue cose, sa anche restarne fuori, per ascoltare bene e insegnarti a riconoscere le tentazioni dello spirito cattivo volgendo lo sguardo ai suggerimenti dello spirito buono. Con la defusione dovremmo riconoscere le parole, le storie, i discorsi che non sono veri e a cui non dobbiamo credere automaticamente. Uno di questi è “non posso farcela”. Sperimentando questo pensiero come un pensiero e nient’altro, posso trattarlo per quello che è, solo parole, non lasciarmi agganciare da questo evento passeggero che non posso controllare ma distinguerlo dalla realtà.
I maestri dello Spirito, a dimostrazione che le scienze umane ci aiutano ad approfondire temi già esplorati e consolidati nella Tradizione della Chiesa fin dal 270 d.C. (ritiro nel deserto di S. Antonio Abate), parlano di questi pensieri cattivi come topi in casa, per ucciderli uno dopo l’altro quando entrano perché la casa non ne sia infestata. Il turbamento interiore dovuto ai pensieri cattivi non dipende da noi, ma da noi dipende il combattimento spirituale, la lotta interiore per la salute dell’anima, da cui le buone relazioni con noi stessi, con gli altri e con Dio. Dio che ti ha creato senza di te, senza di te non ti può salvare. Al pensiero cattivo che ti dice “non ce la posso fare”, premesso che si tratta di parole ma che provengono da un seme maligno deposto nel cuore, secondo i padri del deserto è bene contrapporre una controparola che lo disarma, senza però entrare in dialogo con la tentazione. Per esempio: «Tutto posso in colui che mi dà la forza» [Fil4,13].
Le guide spirituali sanno guardare sempre a Gesù: anche lui, da giorni addentrato in una intensa desolazione, si trovò in una condizione di vera difficoltà [Mt4,1-4] ed ebbe fame a causa del digiuno, la fame feroce di chi rischia la vita. Ecco che nella debolezza gli si presenta il tentatore con l’insidia maligna, quella di trasformare le pietre in pane. Gesù non entra in dialogo con la tentazione e non cade nella vera trappola del dubitare della sua stessa identità di Figlio di Dio, ma la afferma con semplicità: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
Il silenzio del cuore è l’arte di immergersi al di sotto delle onde nella presenza di Dio, dove regna la calma e dove con ogni piccolo movimento puoi andare molto avanti nella vita spirituale. Maria di Nazareth ci insegna a custodire il silenzio del cuore come la stessa presenza di Gesù nel grembo verginale della propria preghiera, quella che riposa nello Spirito e che non giudica, non teme, non dubita. Il silenzio del cuore è un esercizio spirituale, va imparato, coltivato, maturato, e quindi gustato, eternamente.