Approdi del cuore

La vita dello Spirito è un itinerario esplorativo. Da principianti, sembra di scalare una montagna: cerchiamo la vetta, ed è difficile salire. Bisogna considerare le proprie risorse, idratarsi per bene, curare il passo poggiando bene i piedi per non affaticare le gambe e trovare un ritmo nel cammino. È difficile, ma non è complicato: c’è il sentiero, tracciato una volta per tutte nel Vangelo. Ci si idrata con la preghiera, si impara a camminare con la donazione di sé. È “difficile” superare se stessi, ma è “semplice” essere guidati dallo Spirito di Dio. Si tratta di voler camminare, basta il desiderio di raggiungere la vetta, Dio nella sua gloria accessibile nel segno della croce.

Nutrendo il desiderio ci si inerpica in aree inesplorate. Gli incipienti sono quelli che hanno deciso: vogliono vedere Dio. Si inoltrano in quel giardino nel cuore che va coltivato: lavorare la buona terra dello spirito umano, ripulirlo dai sassi che pesano nell’anima, tirar fuori le spine che nel tempo hanno messo radici e formato rovi che possono soffocarlo. Sassi e spine, peccati e ferite nel cuore. È un lavoro lento e progressivo, fecondo: rende la terra capace di accogliere semi di vita nuova, la Parola di Dio che con il tempo trasforma il criterio personale rendendolo spirituale. Liberato dai sassi e ripulito dalle spine, il cuore umano vede fiorire la vita soprannaturale. Il sentiero del Vangelo fatto vita si fa più semplice e leggero. La fatica viene ridotta dall’esercizio e dal nutrimento sano dei frutti dello Spirito: la pace si fa più profonda, la gioia più intensa, l’umiltà più sincera, il servizio più trasparente, la carità più ardente. Si tratta di fare la verità nella propria concretezza di vita, maturando l’arte del discernimento spirituale nella propria quotidianità di relazioni, atteggiamenti e scelte di vita. Si tratta di volere andare avanti, non fermarsi tornando indietro. Basta la fiducia soprannaturale nello Spirito che irriga il desiderio umano di vita soprannaturale fondendolo con il suo, diventando un tutt’uno con il desiderio dello Spirito di comunicare la gloria di Dio attraverso le anime elette.

Tanti sono i chiamati, tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Pochi gli eletti: chi sceglie di andare avanti, chi si fida di Dio.

Un terzo stadio della vita spirituale lo vivono i perfetti quando si rendono conto che a un certo punto il vento dello Spirito non soffia più. Bisogna mettere giù i remi e purificare la fede. Navigare a vista torna a essere difficoltoso, ma l’animo umano è certo di essere nella giusta via: si sperimenta costanza nel seguire il sentiero tracciato, i sentimenti sono ormai noti e dominati. Però gli affetti vanno e vengono, si soffre la mancanza di una stabilità emotiva continuativa anche se l’intelligenza della fede sa bene che insicurezza, incertezza e inconsistenza umane vanno accolte nella preghiera che confida in Dio, vero e ultimo approdo dell’anima.

Tutto questo è servito da introduzione e contesto. Dobbiamo guardare adesso a una verità decisiva della vita di grazia nella spiritualità cristiana.

Il cuore umano è in costante ricerca di approdi. Navigare a vista è un mistero affascinante: lasciarsi portare dalla corrente dello Spirito apre alla vista soprannaturale scenari di bellezza che alimentano il desiderio. Ma è anche tremendo: dopo un po’ che ci si trova in mezzo al mare, con poco orientamento e guidati solo dalla corrente, senza vento di emozioni e sentimenti trainanti, i fantasmi dell’immaginazione e i predatori nascosti fra le onde possono mettere l’anima in subbuglio. È tempo di prova e di grande crescita: affiorano le paure più nascoste, possono emergere aspetti psichici latenti, ideologici, depressivi e patologici, ci si confronta con la verità più profonda di se stessi e della propria fragilità.

Quando ci si trova nella desolazione, bisogna rimanere saldi nelle decisioni prese in stato di consolazione. Fare memoria del cammino fatto, della chiarezza interiore e lucidità mentale che avevano caratterizzato il discernimento iniziale. Attendere che si faccia di nuovo chiarezza in se stessi, e solo allora correggere la rotta o confermare in se stessi la prima opzione fondamentale. Tanti fratelli e sorelle che camminano insieme, i chiamati si perdono nel cammino, disorientati dagli approdi del cuore attratto da una terraferma dove stabilirsi.

Così naufragano matrimoni e voti di vita consacrata: ci stiamo innamorando di qualcun altro e scegliamo di non vigilare più nel dominio di sé. Scegliamo noi stessi e finiamo per usare quelle stesse persone che sentiamo di amare, quando in realtà amiamo solo il sentire di amare di nuovo con la passione di un tempo. La tentazione non è nell’affetto umano, ancoraggio di ogni approdo del cuore: è nel tornare indietro a una giovinezza perduta nel tempo per il fatto stesso di essere andati avanti, di essere maturati. Egoismo adolescenziale che crea una frattura interiore ancorando lo spirito ad affetti disordinati, specialmente quando si rinuncia a uno stato di vita più perfetto.

Così naufragano i propositi di servizio nella Chiesa e nella società civile: siamo attratti dal lusso, dalla mondanità, dal consumo di beni materiali e affetti liberali esenti da responsabilità e donazione di sé. Ancora una volta scegliamo noi stessi e disperdiamo i frutti raccolti con il discernimento, la dedicazione e l’impegno. La tentazione non è nella gratificazione immediata e nella sua illusione di felicità, catena di ancoraggio che fa leva sul disorientamento spirituale: è nel tornare indietro a una infanzia perduta nel tempo per il fatto stesso di non essere rimasti attaccati al cordone ombelicale. È il bisogno infantile fine a se stesso che rapisce il cuore ancorandolo al seno di una nuova nutrice, un narcotico che dà dipendenza vincolando lo spirito a un paradiso artificiale.

Gli approdi del cuore sono falsi dei a cui consacriamo il nostro stare nel mondo. Li caratterizza un comportamento religioso fatto di pseudo-riti come la cura eccessiva del corpo, la dedicazione esclusiva e totalizzante a un progetto unico senza piano-b, l’affermazione di sé continua e insistente nella difesa di un pensiero unico implacabile: il criterio personale incapace di accogliere e integrare i valori oggettivi proposti dagli altri. La prova di adorazione, lo smarrimento decisivo, stanno nell’ancoraggio, l’atto di approdo: sono i sacrifici oggettivi, lasciare qualcosa. Si lascia una casa, una comunità, un proposito di servizio e donazione di sé, una promessa o un voto religioso. Il sacrificio umano, l’abbandono di affetti vincolati alla responsabilità personale precedentemente accolta, è l’ancoraggio più significativo. Il cuore rimane incatenato e difficilmente ne verrà fuori per riprendere il mare aperto.

Prendiamo coscienza del nostro bisogno di approdo, confrontiamolo con il desiderio di andare avanti guidati dalla corrente. Alla richiesta di approdo, il cuore dica a se stesso di avere pazienza, fare memoria, contemplare l’orizzonte infinito e ascoltare la voce del vento che sussurra e ispira fiducia soprannaturale, e chiede abbandono, donazione di sé. Approdo del cuore è il Vero Dio che ha tracciato il cammino della vita donata, vissuta per gli altri non in modo indiscriminato e auto-lesionante quando trattati come mezzi docili al loro uso e consumo, ma per gli altri in modo spirituale e apostolico, sapere stare nella volontà del Padre che abbiamo riconosciuto come missione e che con il tempo ci cambia lo sguardo, trasfigura il volto, trasforma il cuore.

Approdo del cuore è l’esperienza pasquale, il passaggio da questa vita alla gloria di Dio. È drammatico ma infinitamente vero: vivere bene è imparare a morire. Un giorno arriva quel momento in cui sentiamo venire meno la vita di questo mondo. Alcuni, gli eletti, sentono in cuor loro quella fiducia in cui si sono sempre rifugiati, sperimentano nel loro spirito la pace profonda di chi si è sempre lasciato portare, sono sostenuti nella loro coscienza dalla fede nel sussurro di Dio, in quell’alito di vento che ha sempre guidato la loro anima senza ricerca di approdi. Il desiderio del cuore che navigava a vista è ormai assimilato al desiderio dello Spirito che viene ad accogliere l’anima nell’approdo beato, non più terraferma per un’illusione di bene ma realtà celeste per la vita eterna.