Accompagnamento e direzione, aiuto e supporto, assistenza e consiglio, nell’ambito della vita spirituale sembrano sinonimi della stessa realtà.
Per distinguere diverse forme di aiuto dobbiamo focalizzare cosa hanno in comune, il loro contesto. Si tratta della vita dello Spirito, spiritualità cristiana. Un aiuto è spirituale quando mette al centro della relazione la presenza attiva e personale dello Spirito Santo che illumina il nostro discernimento. Appunto il discernimento spirituale è lo scopo della forma di aiuto: spirituale, quando lo esercitiamo alla luce e secondo il criterio del Vangelo. Se il criterio è umano, personale, non sarà spirituale, ma un aiuto fraterno, tecnico, professionale, secondo il criterio e il contesto di riferimento. Nel nostro caso, il riferimento è il Verbo di Dio e il contesto la sua rivelazione personale nella Scrittura, nella Tradizione, nel Magistero, nella vita dell’anima che trova aiuto.
Fondamento di ogni forma di aiuto è la relazione: implica apertura, fiducia, disposizione al dialogo e all’ascolto reciproco intorno a una situazione concreta di vita. Questa è l’oggetto dell’esercizio di discernimento: un problema o un’opportunità, un dubbio, una decisione importante. Tenerlo chiaro evita la dispersione: uscire fuori contesto e cambiare argomento nel discorso vanificando l’aiuto in una semplice chiacchierata.
L’amicizia spirituale è la prima forma di aiuto in questo senso. In genere la relazione è tra pari, le persone sono più o meno consapevoli di stare alla presenza di Dio e per questo l’incontro si caratterizza già per la sua natura spirituale. È amicizia spirituale quando ci si incontra con Cristo: parlando tra noi stiamo interpellando lui [Mt18,20]. È possibile che chi riceve l’aiuto non sia credente e che nel momento dell’incontro si trovi a vivere la condizione di chi è divorziato risposato, convivente in relazioni omosessuali, coinvolto in affari illeciti e organizzazioni criminali: ciò che conta nell’amicizia spirituale non è la condizione morale di chi è aiutato ma la condizione spirituale di chi aiuta.
Il consiglio spirituale è la forma di aiuto conseguente. Nel dialogo di discernimento le persone che si ascoltano trovano nel discorso una direzione che illumina le coscienze: la situazione si fa più chiara alla luce del Vangelo e una mozione dello Spirito prepara l’esercizio e la fruizione del dono dello Spirito Santo. Il dono del consiglio permette in chi lo esercita di esprimere un retto giudizio, un’indicazione, una possibilità su ciò che è più conveniente, il bene maggiore secondo Dio. La buona disposizione della persona al consiglio ricevuto consente alla mozione dello Spirito di confermarla interiormente sulla sua autenticità. Si accorge di riceverlo, considerarlo e accettarlo in modo connaturale, come fosse già suo. A entrambi il consiglio apparirà nell’immediato come auto-evidente, semplice e trasparente, fomentando un senso di fiducia soprannaturale nella sua bontà, verità e bellezza [Mt10,20]. Come prima, ciò che conta è la condizione spirituale di chi aiuta, mentre chi è aiutato, trovandosi anche in uno stato prolungato di privazione della grazia, è sempre destinatario di un intervento di Dio puntuale, diretto e più o meno sensibile. Questo dipenderà dalla disposizione nella relazione d’incontro, il grado di docilità, fiducia e ascolto attivo. Se la persona è in grazia di Dio, orientata a lui nel suo stile di vita, la grazia del dono sarà molto feconda e spesso utile anche ad altri. La grazia si diffonde nella testimonianza cristiana.
L’accompagnamento spirituale è in qualche modo una forma continuata di esercizio del consiglio spirituale. Se nelle prime due forme di aiuto potevano essere presenti e agire insieme più persone, qui è già chiaro che c’è una persona che aiuta un’altra alla presenza dello Spirito Santo. In pratica, non si è più di tre. Ciò non toglie che la stessa possa essere aiutata, accompagnata da più persone in riferimento a specifici e differenti ambiti della vita spirituale: personale, familiare, professionale, sociale ed ecclesiale. Natura e scopo della relazione è camminare insieme alla presenza di Dio. In chi riceve l’aiuto, quale sia la condizione morale della situazione di vita in cui si trova, è già evidente il desiderio di Dio. Chi cerca accompagnamento è nella disposizione di chi vuole correggere mente e cuore per avvicinarli quanto più possibile agli stessi pensieri e sentimenti di Gesù [Fil2,5]. La condizione morale dello stato di vita potrà limitarlo, ma non essere di impedimento per un buon accompagnamento, costituendo di fatto il terreno del combattimento spirituale di una persona in cerca di verità e pienezza. Ciononostante, chi è già ben orientato nel suo modo di stare nel mondo secondo Dio, chi ha vita spirituale non sarà solo accompagnato ma si troverà ad accompagnare altri nel cammino di discepolato.
La direzione spirituale è la forma più alta di aiuto nella totalità dell’esperienza umana. Chi chiede l’aiuto sa di farlo perché vuole vedere Dio, arrivare a lui [Mt5,3-12]. Questa relazione cambia non poco rispetto alle prime. Il direttore, guida o padre spirituale, è una persona che conosce i cammini di Dio e l’arte del discernimento degli spiriti per orientare il cammino degli altri. Per questo è bene che sia uno solo, nonostante possa cambiare secondo le circostanze temporali e le tappe della vita spirituale. Si dice che “troppi cuochi guastano la minestra”: in realtà ci troviamo in un contesto di esercizio della fiducia soprannaturale da parte di chi è guidato, diretto, consapevole di affidarsi a un mediatore della grazia di Dio nel proprio cammino di crescita. Per questo il foro interno, il dialogo di apertura della coscienza, è bene sia distinto dal foro esterno, il confronto sulle condizioni di vita pratica, attività, comportamenti, responsabilità in relazione con chi ci accompagna in essi: fratelli, amici e colleghi, formatori o superiori. Natura e scopo della relazione è crescere nella vita spirituale, sì correggendo quanto non le è connaturale e dà luogo alla lotta interiore, ma principalmente individuando e percorrendo in modo sempre più agile i cammini per crescere nelle sue dimensioni specifiche: preghiera, ascesi e contemplazione, progetto di vita, servizio apostolico. Per questo, il rifiuto del peccato, non solo mortale ma anche veniale, è in qualche modo condizione di inizio e spesso di sospensione e riavvio di un percorso di direzione spirituale quando venisse a mancare. Non si può desiderare e rifiutare Dio allo stesso tempo, ma è possibile trovarsi in una situazione che manifesta degli impedimenti alla grazia di Dio mentre nasconde in realtà una profonda sofferenza dell’anima che si sente incapace di rimuoverli [Rm7,15-19].
Ogni forma di aiuto spirituale è una manifestazione del mistero del Regno di Dio che è tra noi e che si fa presente, si fa dono nel ministero della Chiesa. La Chiesa è viva e si fa dono, si fa presente in ogni mediatore della grazia, in ogni fratello che si fa prossimo a un altro che incontra nel cammino. Nelle nostre esperienze di vita ci incrociamo, ci incontriamo, nell’ascolto reciproco facciamo esperienza della presenza e dell’azione dello Spirito tra noi che ci riorienta continuamente nel cammino. È bello quando chi offre aiuto spirituale agli altri si accorge come ciò che è emerso nel contesto di aiuto lo riguardasse intimamente.