Il re e il mendicante

Discernimento spirituale è osservare la realtà alla luce del Vangelo: l’intelletto umano viene preso per mano dallo Spirito di Dio, che illumina le cose e rende evidente la verità perché possiamo farla nostra. È spirituale in quanto discerne, vaglia gli spiriti che muovono il mondo.

Se ci guardiamo intorno troviamo sempre più diffuso lo spirito di Erode [Lc23,8-11]. È lo spirito di chi sta a guardare, di chi vive da spettatore, regna per sé nella propria vita e finisce per accostarsi a Gesù solo in cerca di segni, miracoli, solo per gola, per un gusto spirituale di mero intrattenimento. Ma non è sempre malizia: “vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto”. È l’insidia dell’aspettativa umana, della relazione inficiata in partenza dall’attesa di qualcosa per sé che va soddisfatta e per cui ci si rallegra. È un’allegria di auto-gratificazione, non una gioia per l’incontro con l’altro. Aspettative, pretese e reclami sono segni distintivi di una relazione non autentica, gratuita, ma condizionata da un prezzo da pagare. È così in Erode che riceve Gesù non da servo, amico o fratello per accoglierne la Parola, ma da re sovrano di se stesso per esserne intrattenuto. Infatti, “desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui”. Altra caratteristica dello spirito di Erode è il cambiamento delle sensazioni nell’incontro con Cristo, segno di uno spirito carnale governato dal sentimento. Per chi cerca qualcosa da Dio e non Dio per se stesso, davanti al suo, davanti al silenzio di Gesù, Erode rimane deluso, e così monta l’avversione, una forma inibita di rabbia, e quindi il disprezzo: “lo insultò, si fece beffe di lui”. Il profeta viene schernito, la Verità oltraggiata, Dio umiliato, perché ha deluso l’aspettativa umana di chi pretendeva intrattenimento, reclamando segni, miracoli. Chi si fa re, sovrano di se stesso, in Dio non trova un confronto per guardarsi dentro, correggersi e farsi simile a lui, ma cerca un diversivo: soddisfazione delle proprie aspettative, gratificazione di sé. Lo spirito di Erode finisce in un modo preciso nel Vangelo: diventa amico di Pilato, di chi se ne lava le mani della verità e la condanna a morte dopo averla fatta flagellare.

Se ci facciamo caso, ai crocicchi delle strade esistenziali dei nostri percorsi di vita, propri o altrui, possiamo trovare anche lo spirito di Bartimeo [Mc10,46-52]. È lo spirito di chi sta ad ascoltare, perché non ci vede, non si aspetta nulla da nessuno ma tiene la mano aperta mendicando un aiuto perché sa che da se stesso non riesce a tirare avanti. Ha l’accortezza di accorgersi che sta passando Gesù e comincia subito a gridare: “Gesù, abbi pietà di me”. Ti accorgi quando passa Gesù? Lo riconosci? Hai forza interiore per invocare il suo nome a costo di risultare molesto? È di chi conosce la propria miseria e sa presentarla al trono dell’Altissimo: “che io veda di nuovo”. Sa riconoscere la verità quando gli passa accanto ma sa di non riuscire a vedere com’è la realtà che gli gira intorno, la vita che gli passa davanti: tutto gli sfugge e non riesce a camminare da solo perché non ci vede. E non ci vedi perché come Erode tendiamo tutti a restare seduti, appiattiti nel nostro limite: forse non come Erode, da sovrano di se stesso, schiavo della gratificazione di sé, ma forse come Bartimeo, da emarginato mendicante della bellezza di chi osa fermarsi e fare caso a un povero cristo. Lo spirito di Bartimeo è quello di chi non ci sta a rimanere fermo, appiattito. La Chiesa, nei discepoli di Gesù, gli si avvicina, gli dice: “Coraggio! Alzati, ti chiama!” E lui “balzò in piedi e venne da Gesù”. A quelli come Bartimeo, Gesù non viene obbligato con la forza a stargli davanti perché possa intrattenerli con sensazioni magiche, i buoni sentimenti, per cui rimane in silenzio. Gesù, quelli come Bartimeo, lo riconoscono passare e si muovono verso di lui. E Gesù a questi si rivolge dopo averli chiamati: “che cosa vuoi che io faccia per te?”.

Che io veda di nuovo!

Quante domande, quanti bisogni, quanto abbiamo da domandare a Dio una volta che lo abbiamo incontrato.. ma tu che gli domanderesti? Ti chiama, oggi. Rivolge il suo sguardo su di te, ti senti guardato anche se non lo vedi, perché sei cieco, ma sai di avere lo sguardo di Dio su di te che ti domanda: “che cosa vuoi?”. Cosa gli domandi? Che ti mostri un segno? Che ti consoli in qualche modo mostrandoti la sua potenza, che ti faccia il miracolo? Vuoi la magia o la verità? Allora fai come Bartimeo, invoca il suo nome e presenta davanti a lui la tua miseria, il tuo limite, con nome e cognome, in modo concreto, non idealizzato come un bel principio catechetico o una bella dottrina morale. Digli cosa vuoi che faccia per te! Che torni a vedere di nuovo, come quando eri bambino, quando ti sorprendevi davanti al pugno chiuso di un padre che ti chiedeva fiducia nel credere che aveva in mano il mondo. Quando eri capace di guardare il mare e spingere lo sguardo oltre le stelle e con quella bellezza poi ti accostavi a tuo fratello e gli sorridevi, andavi dalla nonna e le facevi compagnia, giocavi con gli amici e sapevi fare domande sulle cose, su tutto, senza fermarti a giudicare, senza preoccuparti del giudizio degli altri, senza il bisogno di affermare te stesso. La verità ti chiama oggi a rispondere di te stesso: “che cosa vuoi?”.

La luce della fede, vedere le cose come le vede Dio, nella loro verità, non secondo me ma secondo Dio. Vedere gli altri nella loro bellezza, non nei loro limiti, distogliere lo sguardo dal punto nero sul fondo bianco e concentrare l’attenzione sul combattimento spirituale che si sta realizzando dentro di te. Siamo stanchi, sì. Ma non perché è così pesante andare avanti: siamo stanchi perché facciamo fatica, perché non ci vediamo, non sappiamo camminare da soli e restiamo seduti nel nostro limite, nella miseria di una sovranità apparente. Ci sentiamo e pretendiamo di regnare su noi stessi e non ci accorgiamo che stiamo denigrando la verità. Non siamo qui per regnare ma per servire. Siamo qui per imparare ad amare imparando a morire.

Anche lo spirito di Bartimeo finisce in un modo preciso nel Vangelo: per la sua fede ha ottenuto da Gesù la salvezza. Ci vedeva di nuovo “e lo seguiva lungo la strada”.